giovedì 9 ottobre 2008

CHIUSURA OSPEDALE SAN GIACOMO: INTERVENTO DEL CONSIGLIERE REGIONALE ALESSIO D’AMATO (PD)


Leggendo i commenti di Marco Ruffolo e la successiva risposta del presidente Piero Marrazzo sulla vicenda del San Giacomo (Repubblica di giovedì 9 ottobre 2008), voglio soffermare l’attenzione su tre questioni.

Primo punto: condividendo lo sforzo ciclopico che si sta facendo per rimettere a posto i conti disastrati della sanità regionale non posso non rilevare come, in tutta questa vicenda del San Giacomo, l’anomalia sia stata quella di procedere alla effettiva chiusura della struttura senza un Piano sanitario regionale che partisse dalla lettura dei fabbisogni e dall’equa ripartizione territoriale, subendo i diktat del Governo. Sicuramente a Roma vi è un surplus di posti-letto ospedalieri, ma è difficile spiegare come nello stesso decreto del Commissario ad acta di chiusura del San Giacomo vi sia un aumento di posti letto ospedalieri per una struttura privata quale è il “Campus biomedico”. Se è il momento di fare sacrifici, è bene che vengano fatti da tutti.



Secondo punto: si dice che la chiusura del San Giacomo non serve per far cassa ma, bensì, per risparmiare risorse a sostegno di altre strutture territoriali. Ora, se non sbaglio, poiché gli stipendi ai medici e agli infermieri debbono essere pagati il risparmio è la somma di acquisto di beni e servizi e di spese per il mantenimento della struttura, che ammonta a circa 6 milioni di euro l’anno. Pertanto la chiusura del San Giacomo fa risparmiare alle casse della sanità regionale una cifra modesta, che si poteva raggiungere senza provocare contraccolpi agli utenti e ai lavoratori, cifra che è addirittura inferiore agli 8 milioni di euro spesi per i costi della ristrutturazione. Se la scelta di chiudere il San Giacomo è legata esclusivamente a questi risparmi è una scelta che non ha un sostegno economico, e che serve marginalmente per ripianare il deficit della nostra regione. L’unico senso economico sarebbe la messa a reddito dell’immobile.



Terzo punto: credo che una maggioranza che fa della partecipazione un elemento caratterizzante, debba mettere la propria faccia per difendere le proprie convinzioni con gli operatori e coi malati interessati: mi dispiace che fino ad oggi non sia stato possibile.